Nel 1985 Paul Grammont e la scuola francese di Digione disegnano la protesi inversa di spalla. La sua utilizzazione è indicata nelle artropatie da rottura della cuffia dei rotatori e permette l’elevazione attiva della mano oltre la testa sfruttando l’azione del muscolo deltoide. A volte queste rotture della cuffia dei rotatori si realizzano con un coinvolgimento prevalente della sua porzione posteriore con conseguente deficit della extrarotazione attiva della spalla. Questo deficit di extrarotazione attiva compromette molte attività della vita quotidiana (come bere, mangiare, telefonare, pettinarsi, radersi, truccarsi).

Qualche anno fa, esisteva solo la protesi inversa con centro di rotazione medializzato e con questa protesi non si riusciva a ristabilire la extrarotazione attiva della spalla neanche aumentando la retroversione omerale. La mancanza della extrarotazione comprometteva, quindi, il risultato finale della protesi stessa, obbligando il paziente ad elevare l’arto superiore in abduzione e rotazione interna. Ristabilendo l’extrarotazione, tramite la trasposizione del Gran Dorsale e del Gran Rotondo (tendini intrarotatori del braccio), durante gli interventi di protesi inversa, il paziente riusciva a recuperare il controllo completo dell’arto superiore nello spazio.

Attualmente la trasposizione del Gran Dorsale e del Gran Rotondo viene utilizzata quasi esclusivamente nel Paziente che, senza artrosi ed in presenza di una elevazione normale, lamenta un deficit isolato della extrarotazione attiva.

Infatti, adesso in un Paziente con artrosi eccentrica della gleno-omerale, in presenza di un associato deficit di elevazione attiva (<90°) e di rotazione esterna attiva (-30°), c’è la possibilità di utilizzare impianti protesici con lateralizzazione del centro di rotazione che permette di migliorare oltre che l’elevazione anche la rotazione esterna del braccio sia sul piano del gomito che soprattutto sul piano della spalla grazie al lavoro dei fasci posteriori del m.deltoide che, in questi tipi di protesi, funzionano come extrarotatori.

EVOLUZIONE DELLE TRASPOSIZIONI TENDINEE

Nel 1934, Joseph B. L’Episcopo, esegue la prima trasposizione di Gran Dorsale e Gran Rotondo nei bambini con paralisi ostetrica (eseguendola con doppia incisione, anteriore e posteriore, o solo con incisione posteriore).
Nel 1947, R. Merle D’Aubignè, esegue la trasposizione di Gran Dorsale e Gran Rotondo nei deficit di extrarotazione attiva tramite la via anteriore (tecnica di L’Episcopo modificata).
Nel 1992, C. Gerber, esegue la trasposizione di Gran Dorsale nei gravi difetti irreparabili della cuffia dei rotatori (eseguendola con doppia incisione).
Nel 2007, P. Boileau, esegue la trasposizione di Gran Dorsale e Gran Rotondo nei deficit di extrarotazione attiva tramite la via anteriore, anche associandolo al posizionamento di una protesi inversa.

VIA CHIRURGICA
Attualmente si preferisce eseguire un unico accesso deltoideo-pettorale sia quando la trasposizione di gran dorsale e gran rotondo viene eseguita isolatamente sia quando viene associata alla protesizzazione inversa della spalla con medializzazione del centro di rotazione.

DOPO L’INTERVENTO DI TRASPOSIZIONE TENDINEA
Il paziente viene tutelato per 6 settimane con reggibraccio a 30° di abduzione e a 30° di extrarotazione.
Rimosso il tutore viene iniziata la fisioterapia passiva.
La rotazione interna viene concessa in posizione neutra fino all’8ˆ settimana, poi al gran trocantere fino alla 12ˆ settimana.
Dopo la 12ˆ settimana comincia un programma di stretching e di rinforzo dei muscoli extrarotatori.